Salvador Dalì
La persistenza della memoria 1931
Stando a quanto riportato dallo stesso Dalì, questo capolavoro sarebbe nato in una sera qualunque, mentre stava mangiando formaggio (un camembert); l’artista rimase colpito dall'eccezionale mollezza. L’orologio Dalì fu una grande intuizione: i quattro orologi presenti nella scena presentano delle caratteristiche molto interessanti; tre di loro si stanno sciogliendo, prendendo la forma degli elementi su cui sono appoggiati, mentre il quarto orologio è rimasto solido, ma ricoperto da tante formiche nere. La presenza delle formiche nere sono da ricollegare alla fobia che l’artista nutriva verso questi insetti. Piuttosto che includere del formaggio scelse di dipingere degli orologi poiché sono gli oggetti per eccellenza che permettono di misurare tecnicamente il tempo.
Allucinazione parziale 1931
La paranoia, secondo Dalì è: «una malattia mentale cronica, la cui sintomatologia più caratteristica consiste nelle delusioni sistematiche, con o senza allucinazioni dei sensi. Le delusioni possono prendere la forma di mania di grandezza, di persecuzione, o di ambizione». Perciò le immagini che l’artista cerca di fissare sulla tela nascono dal caos del suo inconscio (la paranoia) e prendono forma solo grazie alla razionalizzazione del delirio (momento critico).
Renè Magritte
Questa non è una pipa 1926
Il rapporto tra linguaggio ed immagine, è un tema sul quale Magritte gioca con grande intelligenza ed ironia. In questo caso, guardando l’immagine di una pipa e leggendo la scritta sottostante che dice: "questa non è una pipa", la prima reazione è di chiedersi: "ma allora, cosa è?". L'intento di Magritte è quello di sottolineare la differenza tra l'oggetto reale e la sua rappresentazione, rinnegando la pittura classica, secondo cui vi era un legame indissolubile tra l'immagine e la realtà.
« Chi oserebbe pretendere che l'immagine di una pipa è una pipa? Chi potrebbe fumare la pipa del mio quadro? Nessuno. Quindi, non è una pipa »
La condizione umana 1933
Rappresenta una tela appoggiata su un cavalletto su cui è dipinto il paesaggio che si vede oltre il davanzale di una finestra: tela e paesaggio si fondono insieme. Magritte gioca col tema del quadro nel quadro, analizzando il confine tra realtà e rappresentazione. Se la prima impressione è che il panorama oltre la finestra sia reale in quanto rappresentato nel dipinto in primo piano, l'osservatore capisce poi che anche questo è finzione perché facente parte del quadro d'insieme che sta osservando. Usa uno stile semplice, un disegno elementare, una gamma di colori limitata, un'illuminazione diffusa, perché vuole che l'attenzione di chi osserva si rivolga ai soggetti rappresentati, sulle loro ambiguità, sui molteplici significati e interpretazioni che possono prendere e comunicare.
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