Opere Metafisiche


Giorgio De Chirico

L'enigma dell'ora 1912
In questo quadro sono assenti le statue e presenti due figure umane: una donna è vista di spalle ed appare in primo piano, mentre un uomo è inserito nella seconda arcata da destra. In questo, come negli altri quadri della serie «Piazze d’Italia», non vi è alcuna densità atmosferica: l’aria è sempre limpida e pulita. La luce quindi non si diffonde, rifrangendosi nell'atmosfera, ma ha una direzionalità precisa, creando una forte differenza tra zone chiaramente illuminate e ombre nette e oscure. Il titolo del quadro nasce probabilmente dalla volontà di rappresentare un orologio fermo. Appare tuttavia logico che, su un quadro, un orologio non potrà mai camminare. E così, guardando la raffigurazione di un orologio, non sapremo mai se funziona o non funziona. O forse esso è l’unica cosa che continua a muoversi, segnando un tempo senza senso, perché non produce più modificazioni nel corso delle cose.


Canto d'amore 1914
Il quadro ha un fascino misterioso perché si presenta come un enigma la cui soluzione non potrà mai essere trovata. In uno spazio urbano, dall'aspetto identico a tante sue «piazze d’Italia», sul fianco di un edificio è collocata una testa enorme, frammento di una statua classica, e un guanto da chirurgo, anch'esso gigantesco; a terra vi è infine una enorme palla verde. Cosa abbiano in comune questi tre elementi fuori scala, non è dato sapere, né cosa abbiano in comune con il titolo «Canto d’amore». Il quadro, pur in linea con la produzione dechirichiana, è di certo il quadro più surrealista da egli prodotto. 


Ritratto di Guillaume Apollineire 1914
Divenuto celebre in tempi relativamente recenti, il dipinto è uno dei più conosciuti di de Chirico e tra quelli più amati dai surrealisti: lo consideravano quasi una testimonianza delle facoltà di preveggenza dell'artista, poichè egli avrebbe qui prefigurato la ferita alla testa che Apollinaire riportò in guerra a distanza di pochi anni dalla data del quadro.


Le muse inquietanti 1915
La scena del quadro è una piazza. Sullo sfondo appare a destra il castello estense di Ferrara, sulla sinistra vi è invece una fabbrica con delle alte ciminiere, esse rappresentano la polarità antico-moderno, ma entrambi gli edifici appaiono vuoti ed inutilizzati: il castello ha le finestre buie, segno che non è abitato, mentre la fabbrica ha ciminiere che non fumano, segno che in realtà non vi si svolge alcuna funzione lavorativa. Da notare che le due metà del quadro sono viste da due punti di vista diversi: un punto di vista alto per la parte inferiore, mentre la parte superiore è rappresentato da un punto di vista più basso. Caratteristica questa che ricordiamo era molto frequente soprattutto nella pittura tedesca e fiamminga del Quattrocento.


Il figliol prodigo 1922
In una piazza, delimitata a destra da un edificio porticato e aperta a sinistra su un lontano paesaggio, si impone la visione in primo piano dell'abbraccio tra il figlio, rappresentato da un manichino senza volto, vivacemente colorato, e il proprio padre, dipinto come una rigida statua di gesso. Quella del manichino è una figura ricorrente nella pittura di de Chirico soprattutto nelle tele del periodo metafisico. Tale manichino difatti si caratterizzò fin dal principio come una metafora dell'artista creatore, una sorta di suo doppio inquietante, e costituì la soluzione più efficace alla tendenza dechirichiana a proiettarsi autobiograficamente in ogni sua opera d'arte.


La partenza degli Argonauti 1921




Carlo Carrà

La carrozzella 1916
Chiare e mature le suggestioni dei principi primitivi e universali dalla nuova estetica di Carrà. L’immagine della forma è come arrestata allo stadio di realtà primordiale e pura, appena nata, nel silenzio magico di un mondo consegnato all'assoluto. La carrozzella corre immobile in un paesaggio scarno, sospeso, metafisico, immutabile. 


La camera incantata 1917
In questo quadro si nota subito un manichino che rappresenta la madre, morta quando lui aveva nove anni; lavorava come sarta, infatti il manichino non ha né braccia, né gambe, né faccia, poiché l’autore non si ricordava le gambe, gli abbracci e il volto della madre. Accanto al manichino c’è un cilindro di cuoio con sopra un parrucchino, che rappresenta il padre, che in effetti lavorava come calzolaio. Sotto alla madre e il padre, è disegnato un set da pesca, rappresentante l’hobby di Carrà e di suo padre. Inoltre sono raffigurate molte forme geometriche. Dietro tutto c’è, un po’ nascosta, una porta buia, di cui Carlo Carrà ha molta paura poiché rappresenta la guerra. Fu favorevole alla guerra e vi partecipò, ma la morte di alcuni suoi compagni e gli orrori che aveva visto gli causarono dei problemi psicologici: la realizzazione di alcune tele sono il risultato della “cura” che gli fu consigliata per esprimere il suo dolore e disagio .


La musa metafisica 1917



Giorgio Morandi 

Natura morta con manichino 1918
Un tavolo rotondo con la centro un busto di manichino da modista, in primo piano un foglio piegato e un pane, sullo sfondo una scatola da sigari e due bottiglie.


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